Sannazzaro, Iacopo, Arcadia di m. Giacomo Sanazaro con la gionta, ([Toscolano Maderno]: P. Alex. Pag. Benacenses. F. Bena. V. V. ), 158x90x25 mm.
Cuoio di bazzana marrone su cartone decorato a secco e in oro. Cornice caratterizzata da foglie d'edera e da minute stelle. Specchio provvisto di decoro a placca (130x60 mm) raffigurante motivi muti di gusto orientaleggiante: il putto alato a piena figura con arco in equilibrio sul globo al piatto anteriore, la Fortuna su quello posteriore. Tracce di due coppie di lacci. Scompartimenti ornati con filetti incrociati e quattro stelline negli scompartimenti del dorso. Capitello di testa munito di anima circolare avvolta da fili in canapa e in seta rosa e azzurro in testa, scomparso al piede. Cucitura su tre nervi. Indorsatura realizzata tramite alette cartacee orizzontali. Rimbocchi rifilati con discreta cura; risvolti laterali collocati sopra quelli di testa e di piede. Carte di guardia bianche. Tagli dorati e incisi. Stato di conservazione: mediocre - discreto. Piatto anteriore in fase di distacco. Spellature ai quadranti. Angoli ricurvi.
Il genere di decoro a placca propone di assegnare la legatura pubblicata al secondo quarto del XVI secolo, eseguita a Bologna. Numerose piastre ad arabeschi sono state utilizzate dai legatori felsinei da questo periodo in poi, in oro su cuoio di capra marrone o meno frequentemente, su capretto. Lo scopo è stato quello di produrre un ricco effetto ornamentale, evitando così l'elevato numero di ripetute impressioni. Sembra siano state ottenute tramite fusione e non incisione: esemplari identici potevano quindi essere in possesso di botteghe diverse. In evidenza per i manufatti nostrani del periodo la Fortuna, figura simbolica impressa con intento decorativo al centro delle coperte, secondo l'iconografia classica della divinità femminile: con i capelli sciolti sulla nuca e la vela al vento, sola o in equilibrio sul dorso di un delfino. Quest'ultima immagine è, in Italia, la più diffusa; l'aspetto della Fortuna che i legatori italiani amano far risaltare è la fuggevolezza, perciò la mettono sul dorso di un delfino, simbolo della velocità. Di essa, si conoscono numerose versioni nelle varianti maschile e femminile. In Italia la Fortuna si trova prevalentemente su legature in marocchino bruno o rossiccio, ma anche bianco della prima metà del XVI secolo, eseguite a Venezia, Padova e Bologna. In diverse legature prodotte nelle Fiandre nel Cinquecento l'immagine della dea, incisa su placca, assume maggiori dimensioni rispetto al modello italiano, occupando buona parte del piatto. Il motivo della Fortuna è stato adottato anche in Germania, nel secolo XVI, come testimonia un esemplare presentato da J. Stockbauer: si tratta di una legatura della seconda metà del secolo con l'immagine della Fortuna senza delfino, riccamente decorata, verosimilmente eseguita da Kaspar Meuser su Kirchen Calender, Caspar Goldtwurm Athesinus, Gedruckt zu Franckfort a.m., Bey Christian Equenolff Erben, 1574.